Riflettori accademici sul Dibattito Pubblico

Opinione

09-09-2016     Gianluca SGUEO

Continua a suscitare interesse nel mondo accademico e fra gli addetti ai lavori la sperimentazione avviata dall’Amministrazione Comunale di Termoli sul Dibattito Pubblico Termoli 2020.

Quello di Termoli è un progetto affascinante e ambizioso, la cui sperimentazione tornerà utile al legislatore nazionale, fornendo un modello di riferimento al governo per l’attuazione della norma del codice degli appalti dedicata al dibattito pubblico.  Primi in Italia, dal primo settembre i cittadini di Termoli hanno la possibilità di sperimentare il dibattito pubblico. Quello della piccola città molisana è un progetto affascinante, e ambizioso. L’idea è di aprire un “cantiere della partecipazione” che preceda la realizzazione di nove interventi infrastrutturali lungo il tessuto urbano. Tra questi, la realizzazione di un Auditorium e di un’area commerciale, la creazione di un passante sotterraneo che renderà la zona sovrastante completamente pedonalizzata e la riqualificazione di una delle piazze centrali della città, trasformata in villa comunale grazie alla realizzazione di un parcheggio interrato multipiano.

Novanta giorni di tempo durante i quali l’amministrazione locale, le aziende operanti sul territorio, i cittadini, le associazioni culturali e quelle ambientaliste siederanno intorno a un tavolo. Favorevoli e contrari, a confronto, dovranno convincere la controparte delle proprie ragioni e stabilire se e come realizzare le opere previste dal progetto.

In Italia di dibattito pubblico ne parlavamo da anni. La politica e l’accademia si sono interrogate a lungo su come replicare il modello di partecipazione diffusa che in Francia, per legge, precede la realizzazione di tutte le grandi opere pubbliche. Inaugurato verso nel 1995, a seguito di una forte ondata di proteste per la realizzazione della linea ferroviaria ad alta velocità che avrebbe connesso Lione a Marsiglia, il débat public francese offre a promotori e oppositori di opere pubbliche uno spazio di confronto garantito da regole procedurali, concluso entro tempi ragionevoli e, soprattutto, con esiti certi. Da noi di dibattito pubblico si è discusso ricordando, da una parte, il ritardo del nostro Paese nella realizzazione delle opere infrastrutturali – un ritardo che nel periodo 2008-2013, stima Deloitte, è costato all’Italia 86 miliardi di euro – e ponendo l’accento, dall’altra parte, sulla conflittualità accesa e diffusa sull’intero territorio nazionale.

Secondo i dati diffusi dal Nimby Forum, da Nord a Sud nel 2015 sono oltre 355 gli impianti e le infrastrutture oggetto di contestazione, in aumento del 5% rispetto all’anno precedente.

Fino ad oggi, in attesa dell’approvazione di una legge nazionale, erano pochi i casi virtuosi, distribuiti a macchia di leopardo sul 1/2 territorio. Alcuni di questi erano il frutto del lavoro degli amministratori locali, come in Toscana, che dal 2013 ha istituito un’autorità regionale per la partecipazione. Altri, invece, erano il risultato dell’impegno civico di privati cittadini, come nel caso della torinese “Avventura Urbana”, che dal 1992 assiste le amministrazioni pubblica nella strutturazione di processi partecipativi.

Ecco spiegata l’importanza di Termoli: ci dirà se il dibattito pubblico può funzionare, a quali condizioni e soprattutto con quali criticità. Una sperimentazione che tornerà utile soprattutto al legislatore nazionale. Ad oggi, infatti, mancano ancora i regolamenti di attuazione del nuovo codice degli appalti, che si limita a precisare che i nuovi progetti infrastrutturali, una volta approvati, dovranno essere oggetto di una consultazione pubblica e che gli esiti di quest’ultima diventeranno parte integrante della valutazione del progetto definitivo da parte del Governo.

In assenza di norme più dettagliate, l’amministrazione di Termoli ha sviluppato un processo su tre livelli sovrapposti. Anzitutto, viene dato spazio alle osservazioni dei cittadini, attraverso il web. Qualcosa di simile a quello che realizzò Mario Monti nel 2012 attraverso il “Dialogo con il Cittadino”. I residenti (identificati attraverso il codice fiscale) potranno scrivere all’amministrazione per via telematica e attendere una risposta che chiarisca le loro perplessità. Spazio, poi, alle osservazioni tecniche degli “addetti ai lavori”, raccolte anche in questo caso per via telematica. Infine, i tavoli tematici di confronto. Quattro in tutto, articolati nell’arco di tre eventi pubblici, moderati da un “facilitatore” e composti da non più di cinque rappresentanti per tavolo. Un sistema snello che dovrebbe garantire, auspicano gli autori del progetto, un confronto serrato e schietto. La supervisione dell’intero processo é affidata a un Garante. Figura terza e indipendente rispetto all’amministrazione, il Garante – Marco Olivetti, ordinario di diritto costituzionale presso l’Università LUMSA di Roma – presidierà tutte le fasi del processo, occupandosi in particolare di garantire pari accesso a tutti gli interessi coinvolti all’interno dei momenti di dibattito. Tre le tappe cruciali del percorso. Il primo settembre, giornata che inaugura i novanta giorni di dibattito, il 22 ottobre, quando si realizzerà il primo evento pubblico e il 19 novembre, quando il Garante del dibattito leggerà la sua relazione alla cittadinanza. Se Termoli funzionerà, il risultato sarà doppiamente importante. Anzitutto perché offrirà un modello di riferimento al governo per l’attuazione della norma del codice degli appalti dedicata al dibattito pubblico. Inoltre, perché porrà un punto fermo nella gestione della conflittualità del territorio.

Quello che oggi è un problema oggetto di studi e approfondimenti (su tutti il caso del Nimby Forum e dell’Osservatorio delle relazioni Territorio-Imprese istituito presso l’Istituto per la Competitività, che dal 2014 si occupa di analizzare il tema) approderebbe finalmente a una soluzione dettata da un contesto di legalità e certezza del diritto.

* L’articolo è stato pubblicato su Primo Piano Molise il 6 settembre scorso.

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