Manifesto

Il fattore geografico spiega oggi quanto e più di ieri la ricchezza di una Regione, una provincia o una città. Si tratta di un apparente paradosso nell’era della globalizzazione ma in realtà è proprio in un mondo interconnesso e mobile che le determinanti della competitività di un cluster territoriale hanno un effetto amplificato al massimo. Ma, a differenza di ieri, il successo di un territorio è molto meno legato alla storia, al clima o ad altri fattori esogeni. Certamente, alcune delle componenti della buona performance di un’area geografica sono nel controllo di livelli di Governo più elevati e spesso non sono ascrivibili a policy correnti quanto a fattori culturali e storici. Ma quello che le amministrazioni territoriali possono fare (o non fare) non può essere sottovalutato (a cominciare dalle amministrazioni stesse, talvolta poco consapevoli del proprio ruolo di potenziale volano per lo sviluppo).
L’Osservatorio ORTI vuole accendere un faro sulle esperienze virtuose di collaborazione tra territori e imprese, nella speranza che possano dar luogo a quella gemmazione diffusa di cui l’Italia ha bisogno in questo momento, senza trascurare quelle criticità purtroppo diffuse che oggi appaiono sempre di più come una zavorra che non possiamo più permetterci.
L’obiettivo di questo manifesto è quello di individuare i punti cardinali di una nuova relazione virtuosa in cui a un insano antagonismo che brucia risorse scarse o a una sostanziale estraneità che non valorizza alcuna possibile sinergia (due facce della stessa medaglia) si sostituisca una volontà di engagement sano e rispettoso della distinzione dei ruoli. Ma guidato dalla comune disponibilità delle amministrazioni pubbliche e delle imprese a perseguire nel modo più intelligente possibile i propri interessi di lungo termine e dunque, così facendo, di contribuire all’interesse generale dell’Italia.

I 10 principi che compongono il manifesto sono la sintesi in fieri di un confronto che ha coinvolto amministratori locali, esperti e rappresentanti d’impresa, attraverso un percorso durato molti mesi. La riflessione e il dibattito hanno permesso di individuare un nucleo condiviso di esigenze. Di queste, alcune sono già al centro delle agende degli enti territoriali. Altre sono invocate da imprese e amministratori. Entrambe rappresentano le condizioni per un miglioramento sostanziale delle condizioni di “fare amministrazione” e “fare impresa” nei territori d’Italia.

I 10 punti del manifesto:

1) PARI OPPORTUNITÀ. Il rapporto di fiducia tra amministrazione locale ed impresa va rafforzato e replicato in una logica di apertura al mondo esterno. Ogni impresa, anche e forse soprattutto quella che per la prima volta approccia un’amministrazione, deve poter beneficiare sotto il profilo procedurale del medesimo trattamento riservato a tutte le altre imprese già in rapporti con l’ente. Solo in questo modo si potrà passare da una “logica dell’acquario”, a presidio di un esistente sempre più piccolo rispetto ai bisogni e alle aspirazioni collettive, a una “logica dell’oceano”, con lo sviluppo di nuove e inesplorate opportunità.

2) VERIFICA DI IMPATTO DELLE POLICY. La dimensione imprenditoriale è un valore che arricchisce non solo economicamente ma anche culturalmente una comunità. Grandi aziende e piccole e medie imprese contribuiscono, ciascuna nel proprio ambito di azione, a creare le condizioni per lo sviluppo del territorio e, con esso, il benessere delle comunità locali. Per questo, a fine mandato, compatibilmente con i vincoli di bilancio e per enti al di sopra di una soglia dimensionale minima, le amministrazioni dovrebbero presentare un bilancio di missione sugli impatti delle proprie decisioni sullo sviluppo locale e sul sistema di imprese.

3) PARTECIPAZIONE. Il più ampio e aperto coinvolgimento delle comunità locali, delle associazioni di categoria e dei cittadini è imprescindibile per l’attività di qualsiasi amministrazione. La partecipazione, se convogliata entro canali adeguati, consente a tutte le parti coinvolte di tentare di risolvere a monte, anziché a valle, le divergenze, favorendo le migliori condizioni per la creazione di benessere diffuso. Purché, naturalmente, non si traduca in uno strumento a disposizione di pochi per esercitare un esorbitante e ingiustificato diritto di veto.

4) REGOLE D’INGAGGIO. I rapporti tra enti territoriali ed imprese devono essere regolati in modo tale da non lasciare spazio a zone di ambiguità o a pericoli di favoritismo verso un’impresa rispetto ad un’altra. Le regole d’ingaggio possono essere elaborate dai singoli enti territoriali in piena autonomia o, specie nel caso dei Comuni medi e piccoli, nell’ambito di linee guida elaborate a livello delle associazioni di rappresentanza (es. l’ANCI e la Conferenza delle Regioni), in ciascuno dei due casi sulla base di un confronto preventivo con il mondo delle imprese.

5) UN INTERLOCUTORE H24 PER LE IMPRESE. Ogni ente locale, da solo o in forma associata, deve prevedere un luogo di dialogo con le istanze del mondo produttivo, attraverso la nomina di un responsabile dei rapporti con le imprese (già attive nel territorio o che vogliano esserlo), con regole pre-definite, trasparenti tesi a semplificare ed ampliare al massimo l’accessibilità da parte dei soggetti interessati, ed eventualmente la costituzione di una consulta economica aperta alle associazioni d’impresa e alle aziende presenti sul territorio. Il confronto informato e scevro di pregiudizi tra amministrazioni e imprese è infatti un ingrediente fondamentale per lo sviluppo territoriale.

6) PACTA SUNT SERVANDA. Gli impegni tra amministrazioni e imprese vanno mantenuti, indipendentemente dal cambio delle amministrazioni da un lato e del top management dall’altro, a meno che non emergano prove o gravi indizi di irregolarità procedurali o non si dimostri con elementi di fatto come gli accordi assunti in passato siano inadeguato rispetto ai mutati scenari economici e sociali per il territorio e/o l’azienda.
Allo stesso tempo, si dovrebbe rendere il più possibile prevedibili e stabili le imposte locali gravanti sulle imprese, in modo tale da non cambiare in maniera significativa ex post le condizioni alla base di progetti economici sul territorio.

7) SEMPLIFICAZIONE E DIGITALIZZAZIONE DEI PROCESSI. La semplificazione delle procedure amministrative è obiettivo primario per le amministrazioni – che riducono così i tempi e i costi di erogazione dei servizi – e le imprese, che abbattono i costi di produzione. A questo proposito, gli enti territoriali si impegnano a promuovere come proprio obiettivo prioritario la digitalizzazione dei servizi rivolti ai cittadini e alle imprese, naturalmente all’interno di una cabina di regia nazionale che riduca i costi e aumenti l’interoperabilità dei sistemi, nonché la ricerca e la condivisione di buone prassi in modo da snellire i procedimenti amministrativi e ridurre i tempi della loro conclusione.

8) OPEN DATA. Promuovere la pubblicazione e l’accesso a dati di fonte pubblica rilevanti per le imprese, oltre che per i cittadini, è essenziale non solo per garantire la necessaria trasparenza delle amministrazioni ma anche la capacità del territorio di attrarre nuovi investimenti e di indirizzare al meglio le attività economiche che vi si svolgono o potrebbero svolgersi. Per questo è essenziale poter offrire non solo quanti più dati possibili ma anche in forme facilmente rielaborabili, in base alle diverse esigenze di utilizzo.

9) TEMPI DI PAGAMENTO. Uno sforzo verso una riduzione strutturale del ritardo nei pagamenti verso i fornitori da parte delle amministrazioni di tutti i livelli è un passo essenziale per il recupero della fiducia nel rapporto con le imprese, alle quali si chiede giustamente di rispettare i tempi per i propri adempimenti, e per lo stesso sviluppo produttivo dei territori.

10) PICCOLO NON È (A VOLTE) BELLO. L’associazione tra gli enti territoriali può consentire anche ai comuni di minori dimensioni di offrire servizi alle imprese in grado di promuovere percorsi di crescita e valorizzazione integrata del territorio e delle comunità locali.