Il Rapporto PMI Mezzogiorno 2016, curato da Confindustria e Cerved, con la collaborazione di SRM-Studi e Ricerche per il Mezzogiorno, giunge alla seconda edizione e consente uno sguardo sullo stato di salute delle PMI di capitali[1] nelle regioni meridionali.
Il tessuto imprenditoriale del Mezzogiorno si presenta particolarmente frammentato: su un totale di oltre 1 milione e 600 mila imprese attive al Sud circa il 90% non supera i 9 addetti; in confronto al resto del Paese prevalgono le ditte individuali mentre le società di capitali rappresentano solo il 16,1% del totale. È bene sottolineare, però, che rispetto allo scorso anno – in controtendenza con il numero assoluto di imprese che registra una minima riduzione (-0,1%) – le società di capitali aumentano del 5,4%, raggiungendo quota 270 mila: tale dato conferma la propensione del sistema imprenditoriale del Mezzogiorno ad adottare forme societarie più complesse.
La gran parte delle società di capitali è, tuttavia, di piccolissima dimensione. Quelle maggiormente strutturate – rientranti nella definizione di PMI della Commissione Europea e su cui si focalizza il Rapporto – sono, infatti, circa 25 mila[2] (pari al 18,5% del totale di PMI di capitali presenti su tutto il territorio nazionale). È opportuno evidenziare che all’interno di questo aggregato comunque prevalgono le imprese di piccola dimensione (da 10 a 49 addetti), che rappresentano l’85,8% delle PMI di capitali localizzate nel Meridione.
Le regioni del Mezzogiorno con il maggior numero di PMI di capitali sono Campania (8.242 imprese ovvero il 32,5% delle PMI con sede nel Meridione; 2013), Puglia (5.235 imprese, 20,6%; 2013) e Sicilia (4.892 imprese, 19,3%; 2013).
Dal punto di vista settoriale, le PMI meridionali operano in modo prevalente, rispetto alla media nazionale, nei servizi (55,6% contro una quota nazionale del 50,4%), nelle costruzioni (17,5% contro 15,5%), in agricoltura (2,9% contro 1,7%) e nell’energia (3,9% contro 2,7%). Invece, si rileva una minor presenza di imprese nel settore dell’industria (20,1% nel Mezzogiorno contro 29,7% della media italiana), ad eccezione di quelle operanti nella produzione dei beni di largo consumo (4,6% nel Mezzogiorno contro il 3,2% della media italiana) e di quelle dell’automotive (2,9% nel Mezzogiorno contro il 2,1% della media italiana).
L’analisi dei bilanci delle PMI meridionali evidenzia una ripresa del fatturato nel periodo post-crisi, anche se più moderata rispetto al resto del Paese: tra il 2013 e il 2014, infatti, aumenta dello 0,9% contro una media italiana di +1,5%. Persistono le differenze su base regionale: la Campania registra il maggiore incremento (+1,8%), buone le performance anche di Sardegna e Molise (entrambe +1,5%); all’estremo opposto, invece, si colloca la Calabria che vede calare il proprio fatturato dell’1,9%, ripercorrendo il trend negativo degli ultimi anni. Spostando l’attenzione su un orizzonte temporale più ampio (2007-2014), Calabria e Molise riducono il proprio fatturato del 13% circa mentre Campania e Puglia sono le regioni del Meridione che mostrano una contrazione più contenuta (rispettivamente -1,2% e -3,6%).
È particolarmente significativo anche il numero delle cosiddette “gazzelle”, ovvero le PMI che almeno raddoppiano il proprio fatturato tra il 2007 e il 2014. Le “gazzelle” meridionali sono 680 e la maggior parte ha sede in Campania (249), Puglia (141) e Sicilia (131).
Analogamente al fatturato, il valore aggiunto delle PMI del Mezzogiorno mostra una crescita (+3%) nel periodo 2013-2014, molto simile a quella rilevata su base nazionale (+3,3%). Confrontando i livelli attuali con quelli pre-crisi si nota che il valore aggiunto delle PMI italiane cresce dell’1,3% nel periodo 2007-2014 mentre quello delle PMI meridionali rimane di 2,1 p.p al di sotto, anche se Campania e Basilicata registrano un andamento migliore di quello nazionale (rispettivamente 2,8% e 3,1%).
Molto interessante risulta essere il dato sulla produttività (valore aggiunto per addetto), che cresce dell’8,7% tra il 2013 e il 2014, in misura significativamente maggiore rispetto alla media nazionale (+6,2%). Ad aumentare maggiormente è la produttività delle imprese calabresi e lucane (rispettivamente +12,2% e +12,0%); invece, unico valore leggermente negativo è quello delle imprese molisane (-0,8%).
Anche la crescita del margine operativo lordo (MOL) di +4,6 p.p. nel 2014 – perfettamente in linea con la media italiana – dà evidenza del miglioramento delle prospettive delle imprese meridionali, anche se sono ben lontani i livelli pre-crisi: infatti, le PMI del Mezzogiorno perdono 36 p.p di margini operativi lordi rispetto ai valori del 2007. Incoraggiante pure il dato sull’utile corrente ante oneri finanziari, che ritorna ai livelli del 2008 (3,2% nel 2014).
Rielaborazione I-Com su dati RAPPORTO PMI MEZZOGIORNO 2016
Inizia a dare i frutti sperati l’apporto di capitale proprio, che è aumentato nel corso della crisi per contrastare gli effetti del credit crunch: infatti, il ROE (return on equity) passa dal 4,1% nel 2013 al 4,9% nel 2014. Inoltre, migliora il rapporto tra debiti finanziari e capitale netto.
Emerge, dunque, un quadro complessivamente positivo – nonostante il permanere di alcune criticità (accesso al credito e liquidità effettiva) – che mostra segnali di ripresa per le PMI del Mezzogiorno.
Alle PMI uscite “vincenti” dalla crisi, nel 2015, si aggiungono circa 30.500 newco, il 7,5% in più rispetto all’anno precedente e il nuovo picco da oltre un decennio. Tale risultato è favorito sicuramente dall’introduzione della nuova forma giuridica “S.r.l semplificata” a sostegno dell’imprenditoria, che consente la costituzione di nuove società con oneri ridotti: nel Mezzogiorno le S.r.l semplificate rappresentano quasi la metà delle newco. La nascita delle nuove imprese di capitali interessa tutte le regioni del Sud Italia, in particolare la Campania, che conta circa un terzo di newco del Mezzogiorno, con una crescita del 10,7 % nel 2015 rispetto all’anno precedente, a cui seguono la Sicilia (6.111 newco, + 0,6%) e la Puglia (5.878 newco, +8,0%).
Nella sezione del Registro delle Imprese dedicata alle start-up innovative sono iscritte 1.196 imprese del Mezzogiorno, circa un quinto del totale nazionale. Inoltre, si stima che vi siano al Sud altrettante start-up potenzialmente innovative non iscritte all’apposito Registro (1.023). La gran parte delle società ad alta innovazione ha sede in Campania, Puglia e Sicilia.
La tendenza positiva dei principali indicatori economici delle PMI di capitali del Mezzogiorno, secondo le stime, dovrebbe continuare anche nei prossimi anni e risulta prioritario, per consolidare e rafforzare tale scenario economico, intervenire su alcuni punti. In primo luogo, è fondamentale contrastare l’insufficiente accesso al credito delle imprese. Un modo per fare ciò potrebbe essere quello di estendere e razionalizzare i meccanismi e gli strumenti di garanzia esistenti, cogliendo al meglio le opportunità offerte dalla programmazione europea 2014-2020 come i Fondi Strutturali o gli strumenti finanziari del “Piano Juncker”. Inoltre, anche il credito d’imposta, previsto dalla recente Legge di Stabilità, costituisce una misura importante per rilanciare gli investimenti nel Mezzogiorno e sostenere la crescita delle imprese.
[1] Il rapporto concentra la propria analisi sul campione di PMI rientranti nella definizione della Commissione Europea. La Commissione Europea definisce PMI le imprese con un numero di addetti compreso tra 10 e 250 ed un fatturato compreso tra 2 e 50 milioni di euro.
[2] Il dato si riferisce all’anno 2013.