Il Veneto, superpotenza commerciale e turistica ma con una dotazione insufficiente di capitale fisico e umano

Opinione

19-12-2017     Stefano DA EMPOLI

Come molte altre Regioni italiane anche il Veneto non ha ancora recuperato il livello di Pil pro-capite degli anni pre-crisi: nel periodo 2007-2015 ha perso in media l’1,3% ogni anno, pari complessivamente al 10,4% del livello del 2007, arrivando ad un valore del pro-capite di 29 mila euro, oggi in quinta posizione tra le regioni del Nord.

In compenso, l’export è andato a gonfie vele negli ultimi anni, così come gli investimenti esteri.

Nel 2016 il saldo commerciale del Veneto è risultato positivo ed in crescita con un valore pari a circa 16,5 miliardi di euro (più del doppio rispetto al 2010). Una performance in parte importante attribuibile ai distretti industriali, che in Veneto pesano sull’export complessivo per il 41% (più di tutte le altre Regioni e quasi il doppio della media nazionale, pari al 23%). Buone le performance sui mercati esteri anche dei poli tecnologici della Regione (Polo ICT veneto e Biomedicale di Padova) che nel 2016 hanno chiuso in rialzo rispetto all’anno precedente.

Quanto agli investimenti produttivi esteri, il Veneto è la terza Regione italiana per numero di imprese a partecipazione estera sul suo suolo, ma soprattutto le multinazionali che hanno investito nel territorio regionale sono aumentate del 18% dal 2009 al 2015, da 904 a 1.066. L’aumento è stato ancora più consistente nel periodo in esame se consideriamo fatturato e numero di addetti, cresciuti rispettivamente del 27,4% (da 26.696 milioni di euro a 34.001 milioni di euro) e del 23,5% (da 75.555 a 93.284 addetti).

Il Veneto è aperto non solo agli investimenti, ma anche ai flussi turistici. Secondo dati Istat, nonostante la crisi economica, tra il 2009 e il 2015 gli arrivi in regione sono aumentati del 23,7%, superando la soglia dei 17 milioni, e le presenze del 28,5%, posizionandosi sopra i 63 milioni. Questi numeri assegnano al Veneto il primato italiano sia per le presenze che per gli arrivi. Ma anche per indice di internazionalizzazione: il 67% delle presenze è relativo infatti a turisti stranieri, rispetto a una media italiana del 52%. Tuttavia, due appaiono i fattori da correggere in futuro: una fortissima stagionalità (nella stagione estiva, infatti, il turismo veneto assume proporzioni quattro volte più grandi rispetto alla dimensione che riveste usualmente nei mesi invernali) e una evidente disomogeneità su base regionale (Venezia da sola pesa per il 54% delle presenze regionali nel 2015 mentre, con l’eccezione di Verona, le altre provincie oscillano tra il 2% di Rovigo e l’8% di Padova).

Il sistema economico veneto, anche nell’impatto della crisi, più acuto che altrove, sembra scontare una produttività del lavoro a metà strada tra i valori medi delle Regioni del Nord e del Centro Italia, pari a circa 66,3 mila euro di valore aggiunto per unità di lavoro. Probabilmente frutto, almeno in parte, di una dotazione di capitale umano (ricerca e sviluppo) e di capitale fisico (infrastrutture) minore rispetto alla media del Settentrione.

In realtà, il Veneto spende l’1,1% del Pil in attività di R&S, non solo una percentuale inferiore alla media del Nord Italia (1,5%), ma anche a quella italiano tout court (1,3%), un dato spiegato soprattutto da un minore impegno in attività di ricerca del settore pubblico (controbilanciato solo in parte dal settore privato).

Le luci e ombre che abbiamo ravvisato rispetto alle altre Regioni italiane, in particolare quelle del Nord Italia, ritornano se allarghiamo il confronto alle Regioni UE dell’area adriatica, prendendo in considerazione oltre al Nord-Est italiano (Emilia Romagna, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige), le regioni austriache di Vienna (Wien), dell’Alta Austria (Oberösterreich) e della Carinzia (Kärnten), le macroregioni slovene della Slovenia Occidentale (Zahodna Slovenija) e della Slovenia Orientale (Vzhodna Slovenija) e le regioni croate, così come definite dal database Eurostat, della Croazia Adriatica (Jadranska Hrvatska) e della Croazia Continentale (Kontinentalna Hrvatska).

Il Veneto, sia per Pil pro-capite che per reddito disponibile, si posiziona significativamente dietro le regioni austriache. Sfavorevole anche il confronto per investimento in ricerca e sviluppo. Analizzando, infatti, la spesa in Ricerca & Sviluppo, valutata in euro per abitante, notiamo come la Regione di Vienna investa 1.687,7 euro annui, l’Alta Austria 1.225,1, la Carinzia 912,3. Il Veneto, invece, ne spende 334,4, dato decisamente inferiore anche alla media europea (564,4€). Inferiore alla media europea e nazionale anche la quota di occupati nella manifattura e nei servizi ad alta tecnologia ed intensità di conoscenza sul totale degli occupati. Il Veneto, infatti, mostra un valore del 2,8%, rispetto a una media UE del 4% e a un dato italiano del 3,4%.

Dove invece il Veneto brilla è senz’altro nella capacità di export, rappresentando la Regione leader, di poco davanti all’Emilia Romagna e nettamente sopra le altre. Il volume annuo di export di merci del Veneto ammonta a 58,2 miliardi nel 2016, in crescita del 28% rispetto ai 45,6 del 2010.

Riguardo all’aspetto infrastrutturale, le note stonate sono soprattutto quattro.

Con riguardo al settore TLC, il Veneto – quarto tra le regioni del Nord Italia – registra una copertura a 30 Mbps pari a solo il 24% (ben 16 p.p. inferiore alla media nazionale), e va meglio solo di Trentino A.A. e Friuli V.G. riguardo alla rete veloce a 100 Mbps, con una copertura di solo il 4%, anche in questo caso inferiore alla media nazionale (11%).

Relativamente al settore energetico, il Veneto è la Regione che – dopo la Lombardia – registra il più elevato bilancio elettrico negativo (13,9 TWh). Ma se questo è un dato che in parte risente della forza industriale della Regione, che traina i consumi di energia, più sorprendente  è il dato sullo sviluppo delle infrastrutture di ricarica delle auto elettriche, dove il Veneto arriva terzo tra le regioni del Settentrione – in termini assoluti – con 78 colonnine, nettamente  distanziato sia dalla Lombardia (216) che dall’Emilia Romagna (199), e quarta invece in termini relativi, con 42,4 colonnine per ogni 10.000 kmq di superficie territoriale, un dato inferiore sia alla media settentrionale (54,4) che a quella nazionale (48,6).

Infine, con riferimento al settore idrico, il Veneto presenta perdite idriche reali tra le più elevate dell’area geografica, pari a ben il 31%, oltre il doppio della Lombardia e meglio solo del vicino Friuli Venezia Giulia (35,4%).

A questo punto, viene naturale chiedersi se l’eventuale attribuzione di maggiori competenze alla Regione potrebbe incidere positivamente nel consolidare la posizione di vantaggio sull’apertura internazionale e diminuire il gap evidenziato sulla dotazione di capitale. Alle prossime edizioni del Rapporto ORTI Veneto l’ardua sentenza.

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