L’economia della Puglia sembra volere uscire dal lungo tunnel della crisi, anche se l’attuale tasso di crescita non è certo entusiasmante (di poco superiore all’1% su base annuale, comunque lievemente migliore della media nazionale). E anche nel quasi decennio di buio alle spalle, la performance della Puglia è stata migliore rispetto al resto del Mezzogiorno, che ha lasciato sul terreno il 12,7% del PIL pro-capite dal 2007 ad oggi (contro il 9,7% della Puglia). Un dato confermato dal minore ricorso da parte delle imprese pugliesi alla Cassa Integrazione Guadagni.
Come evidenzia il Rapporto I-Com sull’economia pugliese, presentato nel #TavoloPuglia tenutosi a Bari lo scorso 20 marzo nell’ambito delle attività dell’Osservatorio ORTI (Osservatorio sulle relazioni tra territori e imprese), sul sistema economico regionale continuano a pesare come macigni tre tradizionali limiti strutturali dell’economia italiana, che in Puglia si presentano in forma ancora più accentuata: il nanismo delle imprese, la scarsa produttività dei fattori produttivi e la bassa propensione alla ricerca, in particolare del settore privato.
Le imprese pugliesi, come quelle italiane, sono prevalentemente di piccole dimensioni ma il numero di addetti medi per impresa in Puglia è inferiore alla media italiana (2,8 addetti per impresa rispetto a 3,7). In Puglia la produttività del lavoro è inferiore sia alla media italiana (62 mila euro) che alla (già bassa) media del Mezzogiorno (50 mila euro), e pari a circa 48 mila euro di valore aggiunto per unità di lavoro. La spesa in Ricerca e Sviluppo, che vale in Italia l’1,4% del PIL (dati 2014), è pari in Puglia all’1,0% del PIL (ancora più basso, sia pure di poco, della media del Mezzogiorno, pari all’1,1%). Gli addetti alle attività di ricerca e sviluppo sono l’1,7% del totale, la quota percentuale più bassa tra le regioni del Mezzogiorno e inferiore alla media nazionale (2,3%).
Colpisce anche la composizione della spesa in R&S (molto simile peraltro a quella delle altre Regioni del Mezzogiorno). Nella Regione la maggior parte della spesa in Ricerca e Sviluppo è sostenuta dalle università (56%), il doppio rispetto alle imprese. Una situazione rovesciata rispetto alla (già tutt’altro che virtuosa) media italiana, con la quota maggiore della spesa è sostenuta dalle imprese (il 55%), il 28% dalle università pubbliche e private.
Ma, come è stato ricordato durante il confronto di Bari, fermarsi solo a questi numeri, sostanzialmente immutati negli ultimi decenni, rischia di cancellare ogni speranza di miglioramento possibile, trascurando alcuni segnali positivi che pure il Rapporto evidenzia.
Innanzitutto, la crescente attrattività della Regione. Migliorano rispetto al passato la bilancia commerciale e l’export, la presenza di imprese a capitale estero e i flussi turistici in entrata.
Il saldo commerciale della Regione con i Paesi al di là dei confini nazionali continua a migliorare anche se resta di segno negativo. Nonostante il calo del 2016 dell’export distrettuale, che in Puglia pesa per il 39% dell’export complessivo (contro una media italiana del 23% e più di qualsiasi altra Regione del Mezzogiorno). Sul risultato negativo conseguito complessivamente dai distretti pugliesi nell’anno passato influiscono soprattutto le performance delle imprese distrettuali della meccatronica barese (-11,1% nei primi 9 mesi del 2016) e dell’olio e pasta del barese (-9,5%). Cali di export che non sono controbilanciati dai sorprendenti risultati conseguiti dal sistema moda e dal distretto del mobile imbottito della Murgia, che dopo anni di grande sofferenza hanno chiuso il 2016 in positivo. Da sottolineare anche la performance del Polo tecnologico dell’aeronautica (+3,6%).
Negli ultimi anni, la Puglia ha registrato una crescita importante delle imprese a partecipazione estera presenti nella Regione. Dal 2008 al 2014, il numero di multinazionali in Puglia è aumentato da 74 a 117, un aumento del 58%. Anche se l’apertura ai capitali esteri è ancora limitata se si considera che l’incidenza delle multinazionali in Regione, calcolata come il rapporto tra il numero di imprese a partecipazione estera e il numero di imprese attive in Regione, è pari a 0,5 multinazionali ogni 1000 imprese contro la media italiana di 2,9 multinazionali ogni 1000 imprese.
Passando al turismo e alla capacità della Regione di intercettare i flussi italiani ed esteri, a fronte del calo della domanda interna, la Puglia è riuscita a mantenere una dinamica dei flussi turistici in aumento, grazie al boom di presenze e arrivi dall’estero (rispettivamente +45% e +59% tra il 2010 e il 2015). Anche qui, però, il tasso di internazionalizzazione (il 20% del totale delle presenze e degli arrivi) è ancora molto lontano dalla media italiana (il 50%) ma anche dal dato di Regioni meridionali come Campania (46%) e Sicilia (48%).
Sempre che i turisti riescano ad arrivare in Puglia. Il trasporto autostradale e ferroviario appare decisamente meno sviluppato che in altre regioni (in attesa dell’alta velocità), leggermente migliore la situazione del trasporto aereo e via mare.
Rimanendo sul tema infrastrutture, dove la Puglia fa registrare numeri da primato nell’energia elettrica. Tra le regioni del Sud, si conferma prima in quanto a produzione di energia elettrica sia termoelettrica che rinnovabile (rispettivamente, il 15% e il 9% del totale nazionale), vantando anche il saldo positivo più elevato tra l’offerta e la domanda (17,8 TWh). Questa posizione di leadership, che perdura da alcuni anni, si sta trasferendo anche ad altri ambiti, come quello in forte ascesa della mobilità elettrica. Dove la Puglia si afferma come la Regione più all’avanguardia tra quelle del Mezzogiorno, con 37 colonnine di ricarica ogni 10.000 kmq contro una media di 13 (quella nazionale è però pari a 49).
Grossi investimenti sono previsti nei prossimi anni nelle reti di trasporto e distribuzione di energia elettrica e gas. Sempre che le opposizioni locali, spesso pretestuose, non intralcino investimenti di beneficio evidente per il sistema energetico nazionale e regionale (il caso TAP è sotto gli occhi di tutti).
Per quanto riguarda le reti TLC, molto elevata la copertura del 4G, che in Puglia è ancora superiore rispetto alla media nazionale. Passando alla rete fissa, se la Puglia appare in una situazione di vantaggio rispetto ad altre regioni sulle reti a 30 Mbps (79% di copertura contro il 40% nazionale), resta scarsa, in Puglia come nelle altre regioni del Mezzogiorno (ad eccezione della Campania), la copertura in fibra veloce a 100 Mbps e oltre (5% di copertura contro l’11% nazionale). La situazione è però destinata a cambiare in poco tempo perché Bari è tra le prime 5 città in Italia, insieme con Perugia, Catania, Venezia e Cagliari, in cui si sono avviati, ad opera di Open Fiber, i lavori di cablaggio di una rete in fibra ottica in FTTH (Fiber to the Home), in grado di supportare velocità di trasmissione di 1 Gigabit al secondo sia in download che in upload. Seguiranno a breve i capoluoghi di provincia. Per completare l’opera al di fuori dei contesti più urbanizzati, è però essenziale che venga firmato al più presto l’accordo tra Governo e Regione che consenta l’utilizzo dei fondi pubblici del Piano Ultrabroadband per la copertura delle aree bianche (circa 300 milioni di euro).
In conclusione, per sintetizzare dal punto di vista qualitativo i tanti dati del rapporto, il lavoro da svolgere è ancora molto, anche in considerazione dei tanti fattori strutturali di ritardo, ma i segnali positivi che pure ci sono devono stimolare tutti, istituzioni e imprese, a rafforzare i trend positivi degli ultimi anni, a partire dalla crescente attrattività della Regione verso l’estero.