Più luci che ombre nel sistema economico toscano

Opinione

16-03-2016     Stefano DA EMPOLI

Capacità di attrarre investimenti esteri, resilienza della manifattura e una buona qualità delle istituzioni sono i tre asset chiave della Toscana messi in luce nel primo Rapporto regionale presentato la scorsa settimana dall’Osservatorio sulle relazioni territori-imprese costituito da I-Com in un convegno tenutosi a Firenze.

Certamente, pesano la centralità geografica della Regione, esaltata dall’alta velocità, ma anche l’effetto Renzi. Anche se il trend positivo degli investimenti diretti esteri precede l’insediamento a Palazzo Chigi dell’allora sindaco di Firenze. Basti pensare che nel 2013 il flusso di IDE valeva il 4,5% del PIL regionale, quasi quattro volte il valore medio nazionale (0,9%). E certo la qualità delle amministrazioni pubbliche appare più un retaggio della storia che una novità degli ultimi anni.

Piuttosto, più recente appare la capacità delle istituzioni toscane di fare sistema e di dialogare con le imprese private. Sembra passata un’intera era geologica da quando Giorgio La Pira telefonava nel cuore della notte a Enrico Mattei dicendogli di averlo sognato nel ruolo di salvatore della Pignone, al tempo azienda più o meno decotta in attesa di essere salvata da qualche munifico ente pubblico.

Poche settimane fa il Nuovo Pignone, passato nel frattempo nelle mani di General Electric, ha annunciato 600 milioni di investimenti nel territorio. A testimonianza che le imprese estere possono fare molto per lo sviluppo locale (ne sono una prova lampante sempre nell’area di Firenze, a Sesto Fiorentino, gli investimenti del colosso farmaceutico, sempre a stelle e strisce, Eli Lilly). Magari aiutate da un livello nazionale altrettanto sensibile ad attrarre investimenti.

A prescindere da cosa faccia Roma, che finalmente si sta svegliando sul tema, le istituzioni toscane si sono mosse, talvolta con coraggio. Ne è testimonianza il Consiglio delle grandi aziende istituito dalla Città metropolitana di Firenze, che dialoga per la prima volta in maniera permanente e quotidiana con le imprese che più investono sul territorio. Una modalità interessante di interazione che dovrebbe essere imitata da altri comuni italiani, a cominciare proprio dalle altre città metropolitane ancora alla ricerca di una mission diversa rispetto a quella delle province e dei Comuni capoluogo ad oltre un anno dalla loro istituzione.

Naturalmente non ci sono solo luci nel Rapporto Toscana di I-Com. Preoccupa soprattutto il dato sui laureati in diminuzione e il ritardo sia nella banda larga che in quella ultralarga, che rischia di pesare in una prospettiva Industria 4.0 non solo sui cittadini ma anche sui tanti poli industriali di cui la Regione è ricca.

Passando alle infrastrutture fisiche, la situazione dei trasporti è a metà del guado. Non servono investimenti colossali ma piuttosto mirati per rendere più competitivo il sistema delle imprese. A cominciare dall’asse Firenze-Tirreno nel quale gravitano gran parte dell’industria e delle imprese innovative toscane. Senza dimenticare che Bologna è ormai a distanza di poche decine di minuti di treno. Troppo pochi per non pensare a delle sinergie (a cominciare proprio dagli aeroporti, sui quali finalmente sembra essersi chiusa l’eterna diatriba Firenze-Pisa).

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