Sviluppo, Impresa, Consenso. La e-protesta e la cittadinanza on line

Opinione

01-02-2016     * Giovanni GALGANO, direttore Public Affairs Advisors

Chi si occupa abitualmente di relazioni tra Imprese e Territori conosce bene il fenomeno: No Tav, No Mose, No Triv, No Dal Molin, No Expo, No Scorie, No biomasse sono solo alcune delle tante sigle che caratterizzano l’esercito dei NO, caratterizzato da gruppi territoriali o nazionali che trovano nel Web modalità di coinvolgimento efficaci, fluide, di impatto immediato e talvolta vincenti.

Ma come comunica il dissenso sul web? Ce lo siamo chiesti qualche tempo fa, quando abbiamo iniziato a studiare nel dettaglio questi fenomeni, realizzando il primo studio sul “No 2.0” (così abbiamo denominato la e-protesta generalizzata), che vedrà una seconda edizione nei prossimi mesi.

Negli ultimi anni si è registrato, facile intuirlo anche per i non addetti ai lavori, un cambiamento epocale. Il Web e i Social Media oggi dominano la scena, fanno nascere (e morire) iniziative di opposizione, trasferiscono sulla “strada” la contestazione, e non accade più il contrario. Poco è cambiato invece nei contenuti e nei messaggi di contestazione.

Intendiamoci: le opposizioni sono legittime e mai ne discutiamo la fisiologica esistenza democratica. Possiamo forse discutere – ed è anche questo aspetto oggetto del nostro studio – l’utilizzo di fonti spesso approssimative, o la veicolazione di messaggi non propriamente scientifici.

I movimenti di opposizione che ci troviamo a monitorare sono allo stesso tempo trasversali e territoriali. Diremmo quasi “glocal”. Alcuni temi sono diventati infatti globali (o nazionali), come l’opposizione alla ricerca ed estrazione di idrocarburi. Le istanze “No Triv” partirono anni fa da specifici territori maggiormente interessati, per la verità un po’ sottovalutate da chi doveva meglio informare la popolazione sulle caratteristiche ambientali e industriali del settore estrattivo. Ci ritroviamo oggi, e molto nasce da lì, con un referendum alle porte che potrebbe mettere in ginocchio un settore economico e tecnico molto importante per il nostro Paese.

Il web è pertanto centrale oggi perché di fatto fa nascere la singola issue di contestazione, la alimenta e la diffonde sui territori. Non accade più, come fino a qualche anno fa, il contrario, quando la Rete era solo uno dei mezzi di comunicazione utilizzati per impostare un’iniziativa antagonista. L’informazione in Rete presenta ovviamente vantaggi e criticità: i vantaggi risiedono nella possibilità dell’accesso alle informazioni, che ci rende tutti democraticamente dei cittadini digitali. I rischi stanno nel maneggiare le informazioni stesse, che possono essere manipolate o trattate, anche in buona fede, con superficialità, allarmismo, catastrofismo.

Lo scenario in cui il cittadino digitale si muove, ovvero sfiducia nelle Istituzioni e negli enti tecnici e scientifici preposti al rilascio delle autorizzazioni e ai controlli, fa il resto. Così come è importante, e a mio avviso anche molto utile, che ci sia una voglia di essere protagonisti del proprio territorio. A patto però che vi sia paragonabile consapevolezza e conoscenza dei temi che si affrontano: in questo si annida il pericolo, con l’evolversi sottile del gioco dell’informazione-disinformazione, sempre in agguato sui social network o su aggregatori di notizie non certificati.

Mi rimane una certezza: i movimenti del “No”, e quindi quelli del No2.0, non sono a mio avviso espressione di generalizzabile anti-politica. Credo piuttosto che sia vero il contrario: sono sintomo della necessità che la politica torni a fare il suo mestiere, a guidare, a scegliere, a decidere, anche in contesti difficili.

Clicca per approfondire i contenuti del primo “Rapporto No2.0” – Come il dissenso comunica sul web”

* Public Affairs Advisors, agenzia di Public Affairs, Lobbying e Comunicazione, che opera in particolare nei settori dell’energia, dell’ambiente e delle infrastrutture.

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