Sette città capoluogo di Regione, cinque città metropolitane, 1.344 comuni. Sono i numeri delle elezioni amministrative 2016, che verosimilmente si svolgeranno a giugno. Andranno al voto le prime 4 città del Paese per popolazione, ben 13 sopra i 100.000 abitanti. Solo prendendo in esame le città metropolitane nelle quali si rinnovano gli organi amministrativi del principale Comune (il cui sindaco è di diritto anche il sindaco metropolitano), Roma, Milano, Napoli, Torino e Bologna, si sta parlando di un numero di imprese pari a 1.143.195, di un valore aggiunto pari a 435 miliardi di euro e di un export pari a 83 miliardi di euro. Naturalmente non sono solo le decisioni che si prendono a livello di città metropolitana o di comune a influenzare il sentiment delle imprese e a determinarne le sorti ma certamente si tratta di una componente non trascurabile. Specie nelle città metropolitane che per ampiezza di competenze e anche spaziale abbracciano in maniera più strutturata e pervasiva la vita delle imprese e dei relativi dipendenti.
Per questo ci aspetteremmo che in tutti i Comuni dove si andrà a votare ma in particolare nei 5 Comuni capoluogo delle città metropolitane l’impresa sia al centro delle proposte elettorali. Non certo per promettere fantasmagorici miracoli ma quantomeno una capacità di risoluzione efficace dei tanti piccoli e grandi problemi che affliggono le aziende tra quelli che rientrano nelle competenze delle amministrazioni locali. E che spesso possono fare la differenza per le aziende e per i loro dipendenti. Dunque più che fare promesse a vuoto occorrerebbe avere il coraggio di percorrere nuove strade nei rapporti tra imprese e amministrazioni territoriali. Prendendo spunto e perché no rielaborando iniziative interessanti, come ad esempio quella presa a Firenze dal sindaco del Comune e della Città Metropolitana, Dario Nardella, che d’accordo con gli altri sindaci afferenti all’area metropolitana, ha istituito il Consiglio delle grandi aziende, insediatosi nel settembre del 2014 e da allora riunitosi a intervalli regolari. Si tratta di un modo per tenere vivo ed efficiente il rapporto tra il territorio e i principali datori di lavoro privati. Ascoltando suggerimenti e lamentele, possibilmente prima che sia troppo tardi, cioè quando più nulla può essere fatto. Dopodiché all’amministrazione e solo ad essa spetta prendere in considerazione gli input ricevuti.
Ma un’attenzione maggiore che in passato va rivolta anche alle PMI e alle imprese appena nate o che vogliono insediarsi nel territorio. Uno strumento urbanistico fondamentale per attrarre nuove imprese è ad esempio quello della riqualifica delle aree dismesse. Alcune cose sono state fatte negli ultimi anni ma si può fare ancora di più. Con beneficio non solo delle imprese ma dell’intera cittadinanza.
Una piccola proposta che esemplifica il nuovo approccio che serve per cambiare i rapporti tra imprese e amministrazione e creare un’occasione di sviluppo per le città potrebbe essere quella di discutere la destinazione degli introiti dell’imposta di soggiorno, odiata da turisti e albergatori, o quantomeno di una sua rilevante quota parte con i rappresentanti delle aziende del settore turistico. Può essere giusto chiedere ai turisti di contribuire a finanziare i servizi comunali di cui usufruiscono gratuitamente ma sarebbe altrettanto corretto individuare le migliori modalità per reinvestire i proventi al fine di migliorare la qualità della vita dei cittadini ma anche la consumer experience dei turisti stessi. Al fine di creare un effetto volano a beneficio di tutti piuttosto che la solita rendita di posizione che non possiamo più permetterci.
Insomma, auspichiamo una campagna per le amministrative dove si pensi ai territori in una prospettiva globale. Nella quale le imprese, soprattutto quelle estere e le startup, hanno una mobilità geografica superiore rispetto al passato, di cui occorre tenere conto con il dovuto realismo. Sempre se si vogliono dare nuove speranze di sviluppo ai territori che si intende amministrare.









