Le amministrazioni territoriali, da veto player a problem solver

Opinione

23-11-2015     Stefano DA EMPOLI

In un mondo globalizzato, la variabile territoriale emerge ancora di più in tutta la sua rilevanza. Si tratta di un apparente paradosso ma in realtà è proprio in un mondo interconnesso e mobile che i fattori distintivi della competitività di un cluster geografico hanno un effetto amplificato al massimo. E meno dipendente da fattori esogeni come il clima, la storia o la vicinanza a un particolare luogo. Certamente, nel successo di un territorio continua ad avere un ruolo importante la storia o la cultura di un luogo ma quello che le amministrazioni possono fare (o non fare) non può essere sottovalutato. E tra queste amministrazioni quelle più legate al territorio esercitano un ruolo crescente, che difficilmente, specie nel caso dei Comuni, potrà diminuire con la riforma della riforma del Titolo V della Costituzione.
La capacità di creare condizioni favorevoli per l’esercizio dell’attività d’impresa è a nostro avviso una cartina di tornasole di cui non possono fare a meno non solo i singoli territori che aspirano a dare un futuro produttivo ai propri abitanti ma in ultima analisi il sistema Italia che può affrontare con ottimismo le sfide economiche prossime venture solo contando su una moltiplicazione delle punte di eccellenza.
L’Osservatorio ORTI vuole accendere un faro sulle esperienze virtuose di collaborazione istituzionale tra territori e imprese, nella speranza che possano dar luogo a quella gemmazione diffusa di cui l’Italia ha bisogno in questo momento, senza trascurare le criticità che oggi appaiono sempre di più come una zavorra che non possiamo più permetterci.
Con il manifesto si propongono alcuni punti cardinali intorno ai quali orientare una nuova relazione virtuosa tra amministrazioni e imprese, affinché a un insano antagonismo che fa perdere tutti o a una sostanziale estraneità che non fa vincere nessuno si sostituisca un gioco a somma positiva, basato su una distinzione dei ruoli chiara e trasparente ma anche su una comune disponibilità a dialogare e a riconoscere i legittimi interessi della controparte.
E’ certamente giusto che le amministrazioni territoriali in alcuni casi limitino i piani delle aziende, allorché li trovino non rispondenti all’interesse della collettività. Ma questo esito negativo dovrebbe avvenire al termine e non all’inizio di un processo di dialogo, aperto nelle stesse modalità a tutti i soggetti interessati e pre-codificato secondo principi di trasparenza e prevedibilità. Allo stesso tempo, uno sforzo almeno equivalente dovrebbe essere condotto al fine di rendere la vita meno difficile a quelle imprese che perseguono un’attività giudicata dalle amministrazioni in linea con l’interesse collettivo.
Perché solo in un’Italia dove le amministrazioni siano sempre più problem solver piuttosto che veto player si potrà ripartire con slancio sulla strada dello sviluppo.

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