Payback per i dispositivi medici: ancora troppe incertezze per le imprese del settore. ITALIA



    

medical_deviceLo scorso 21 luglio la Camera dei deputati ha approvato l’ultimo Decreto Legge Enti Territoriali 113/2016, un provvedimento composito che, tra l’altro, contiene alcune misure in materia di ripiano della spesa farmaceutica. Il testo, che ora passa all’esame del Senato, interviene anche sul pagamento del payback, quel meccanismo pensato per compensare i “fisiologici” – diciamo così – sforamenti dei tetti di spesa attraverso l’intervento diretto delle aziende del farmaco in proporzione alle vendite effettuate. Un sistema, quello del payback, da sempre mal digerito dagli stakeholder e che secondo il Presidente di Assobiotec Riccardo Palmisano “ha inevitabilmente finito per penalizzare le aziende più innovative che immettevano nuovi prodotti” rivelando semplicemente la incapacità di programmazione del SSN a fronte di tetti di spesa troppo bassi. Sulla questione si sono espressi fior di giuristi argomentando che il suddetto meccanismo sembra addirittura contrastare la libertà di iniziativa economica sancita dalla Costituzione, insomma “una vera e propria tassa sulle aziende” per usare le parole del dg di Assobiomedica Fernanda Gellona.

Purtroppo, anche alcune forze parlamentari non rinunciano alla sterile retorica sui guadagni esorbitanti di “Big Pharma”, senza affrontare nel merito le criticità di un sistema che le aziende scontano in prima persona. In particolare quelle dei medical devices. Una realtà fatta di piccole imprese da poco presenti sul mercato, un tessuto produttivo di start-up votate all’innovazione che rischia di essere soffocato dal cervellotico meccanismo del payback. Infatti, mentre in questi giorni monta la polemica sul payback per i farmaci, in molti sembrano aver dimenticato che il decreto enti territoriali approvato l’anno scorso ha introdotto anche per l’acquisto dei dispositivi medici il tanto criticato sistema di ripiano in caso di superamento del tetto di spesa, fissato al 4,4%. Entro il 30 settembre di ogni anno un decreto congiunto del Ministero della Salute e del Mef dovrà identificare l’eventuale extra-tetto nazionale e regionale per l’acquisto di dispositivi medici con conseguente payback a carico delle aziende produttrici (40% nel 2015, 45% nel 2016, 50% dal 2017) per quote pari all’incidenza del proprio fatturato sulla spesa complessiva. Il provvedimento, inoltre, prevede la rinegoziazione al ribasso dei contratti di fornitura, con una riduzione del 5% dei prezzi unitari su base annua. Se i presupposti sono questi, non si fatica molto a capire perché le imprese dei medical devices siano sul piede di guerra: Assobiomedica stima un impatto negativo per il settore fra il 5,5 e l’8% del totale dei ricavi in Italia, con importanti ricadute sui livelli occupazionali; senza contare un’inevitabile diminuzione dell’impegno in ricerca e sviluppo in un settore chiave quale è l’alta tecnologia in sanità. Il payback, inoltre, rischia di provocare un aumento vertiginoso dei contenziosi tra imprese e pubblica amministrazione – ergo: spese legali a carico di entrambi, con le imprese costrette ad accantonare risorse economiche in vista di eventuali battaglie in tribunale. A pagarne le conseguenze saranno inevitabilmente anche i cittadini visto che l’Italia non è certo un driver in materia di innovazione tecnologica e le perplessità degli operatori dei dispositivi medici permangono anche dopo la presentazione ufficiale dei nuovi LEA.

Il 25 maggio scorso il Sottosegretario alla Salute De Filippo, in risposta ad una interrogazione della senatrice Bianconi, ha fatto sapere che il decreto attuativo per l’applicazione a regime del payback per i dispositivi medici potrà essere emanato una volta definito l’accordo Stato-Regioni per la definizione della metodologia di normalizzazione del tetto di spesa. In sostanza, dominano l’incertezza e l’eccessiva burocrazia mentre cresce l’apprensione delle aziende per la definizione delle misure previste, in un clima di malcontento diffuso.

L’articolo di Quotidiano Sanità

L’articolo di About Pharma

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