Parola d’ordine: “No”. In Salento i Nimby si oppongono alla costruzione di un resort. PUGLIA



    

nardò_campagne“Ovunque tranne che qui”. È questo il senso dell’acronimo Nimby – Not in my backyard – letteralmente non nel mio giardino, utilizzato per indicare una particolare categoria di gruppi di interesse a base territoriale che, di solito con il ricorso a forme clamorose di protesta, manifestano il loro dissenso alla realizzazione di opere infrastrutturali, dalla centrale nucleare all’inceneritore di rifiuti, dall’aeroporto all’autostrada ma anche, per esempio, dicendo “no” alla costruzione di una prigione. Perché? Per il nobile motivo che chi risiede nel proprio territorio vuole anche impegnarsi per salvaguardarlo dalle minacce provenienti dall’esterno. “Minacce” come il piano di investimento nelle campagne leccesi di Nardò per il progetto di insediamento turistico in località Sant’Isidoro denominato “Sarparea resort e spa”. Gli investitori sono gli inglesi della omonima Sarparea che hanno fiutato le enormi potenzialità del Salento e hanno deciso di puntare sul turismo di nicchia. Della sostenibilità del progetto gli inglesi sono sempre stati convinti, anche quando nel 2014 stavano per rinunciarvi dopo il contenzioso davanti al Tar con la Regione Puglia che, anche per via delle resistenze del territorio, aveva reso un parere paesaggistico negativo. Troppa burocrazia, lamentavano da Oltremanica. Tanto che è stato necessario l’intervento del Ministero dello Sviluppo Economico per mediare con i tecnici della Regione e della Soprintendenza fino alla modifica del progetto iniziale del resort con una riduzione delle volumetrie del 30 per cento. Ora la palla passa finalmente al Comune di Nardò che dovrà approvare il piano attuativo prima di poter procedere alla progettazione edilizia con l’atteso rilascio dei permessi a costruire. Ma la strada non è tutta in discesa visto che il neonato comitato civico “Salviamo la Sarparea” promette di dare battaglia a colpi di ricorsi, con (pare) anche una diffida al Comune già pronta e che aspetta di essere recapitata. In prima fila per dire no alla struttura ricettiva con i cittadini di Nardò c’è l’avvocato Stefania Ronzino, ma non mancano gli esponenti politici locali come il consigliere regionale del M5S Cristian Casili che chiede una nuova Valutazione Ambientale Strategica, mentre il consigliere comunale Lorenzo Siciliano dubita che il resort possa mettere in moto chissà quale indotto e che, in ogni caso, la salvaguardia degli ulivi secolari è cosa più importante dei vacanzieri agostani.

Al di là delle questioni tecniche e di sicurezza ambientale che sicuramente dovranno essere approfondite, ciò che stupisce di questa vicenda è il senso della polemica, in un territorio che almeno da un decennio ha maturato una forte vocazione turistica che ora si tratta di consolidare. Ecco, è proprio questo salto di qualità verso il rafforzamento che a volte sembra non tutti vogliano compiere. Ma questo significa che anche chi investe deve sforzarsi di conoscere le specificità del territorio prescelto, pianificando al meglio le modalità di inserimento nel contesto locale per ridurre le possibilità di conflitto. Se si è convinti della bontà di un’idea – e se si investono anche dei quattrini – non deve essere piacevole perdersi nei corridoi di qualche tribunale amministrativo…

L’articolo su LeccePrima.it

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