“Digitalizzare rende più agevole il rapporto con il cittadino e il lavoro di chi è dentro le pubbliche amministrazioni. Eppure c’è quasi una forma di resistenza, che però non è giustificata“. Sindaco di Chiavenna e presidente della provincia di Sondrio, Luca Della Bitta il tema del necessario sviluppo tecnologico del sistema Italia lo conosce considerato che da maggio 2016 presiede la commissione permanente sull’innovazione di Anci. Un ruolo che gli ha permesso di toccare con mano le difficoltà in cui si imbattono da questo punto di vista i comuni italiani e, più in generale, la nostra pubblica amministrazione. “Ma dobbiamo insistere“, ha commentato Della Bitta in questa conversazione nella quale ha ribadito come l’innovazione sia in grado, innanzitutto, di rispondere in modo più efficace alle esigenze dei cittadini.
Pubblica amministrazione e politica, a suo avviso, si sono rese conto dell’importanza del tema dell’innovazione?
E’ un percorso culturale di consapevolezza che ha ancora bisogno di tempo e altri passaggi. Bisogna capire che i temi dell’innovazione non riguardano “pochi eletti” ma uno spettro più ampio di persone. Si deve arrivare a comprendere che l’innovazione in maniera trasversale è la vera grande sfida che coinvolge tutti: la vita di tutti i giorni delle persone, ma anche quella delle aziende e della pubblica amministrazione. Il mondo corre e per stare al suo passo bisogna essere capaci di innovare, di cambiare e trasformare l’organizzazione attraverso le nuove tecnologie e i nuovi strumenti. Va rilevato che mentre le imprese ci stanno riuscendo, la pubblica amministrazione paga ancora una certa lentezza. C’è tanta strada da recuperare. L’innovazione e le tecnologie sono uno strumento straordinario per offrire servizi migliori ai cittadini.
Secondo lei sindaco c’è una sottovalutazione complessiva nel dibattito pubblico di questo tema?
In realtà, nei comuni, più che sottovalutazione si può parlare di un’oggettiva difficoltà a fare determinate cose in questa direzione. La cultura dell’innovazione sta crescendo e ci stiamo rendendo conto che è una sfida che deve essere per forza giocata. Ma ci sono limiti oggettivi e difficoltà che devono essere superate.
In Anci lei presiede la commissione permanente sull’innovazione. Che proposte state avanzando al governo e ai vostri altri interlocutori istituzionali?
Va detto che sul tema dell’innovazione negli ultimi anni, a livello nazionale, sono state messe in campo diverse iniziative, alcune anche di natura straordinaria, che però, non sempre, si sono tradotte in risultati concreti sul territorio. In Italia il mondo dei comuni si potrebbe dividere a metà: da una parte le città metropolitane e i centri urbani più importanti che in qualche modo riescono a tenere il passo e a dare seguito alle iniziative messe in campo a livello nazionale e, dall’altra, i piccoli comuni che, invece, restano troppo spesso indietro.
Dunque un’Italia a due velocità?
Esattamente, è così. Come associazione crediamo che l’interesse e l’attenzione che il governo ha riservato all’innovazione siano importantissimi, ma serve accompagnare il territorio e i comuni attraverso gli strumenti adatti per attuare gli obiettivi che ci si è posti. L’Anci ogni giorno nei contatti con governo e ministeri fa presente queste difficoltà e cerca, insieme ai comuni, di capire come affrontarle nei prossimi mesi e anni. Mi auguro sarà uno dei temi centrali che affronterà il futuro governo perché non è affatto un tema secondario ma, al contrario, fondamentale.
Che benefici immagina concretamente per cittadini e pubblica amministrazione?
L’innovazione può essere un grandissimo strumento di semplificazione, che è il grande tema di cui abbiamo bisogno. La digitalizzazione riduce il costo della burocrazia e migliora le prestazioni anche dal punto di vista delle tempistiche. Finora però ci siamo limitati a trasformare un processo amministrativo cartaceo in un percorso digitale ma senza cambiare l’approccio mentale, che è rimasto lo stesso del passato.
E cosa bisognerebbe fare secondo lei?
Occorre soffermarsi sui concetti di consapevolezza e competenza. La consapevolezza degli amministratori che devono finalmente capire quanto il tema innovazione meriti attenzione da parte della politica. E le competenze dei funzionari. Spesso nei comuni gli uffici sono affollati da funzionari anziani ma per affrontare un tema del genere è necessario poter inserire figure nuove che abbiano competenze specifiche e siano più preparate in materia. Tuttavia nella pubblica amministrazione questa possibilità è troppo limitata.
Dal punto di vista della digitalizzazione, invece, come procede? Che leve bisogna muovere?
La digitalizzazione è vista da molti come un appesantimento più che come un’opportunità: un’aggiunta di lavoro a ciò che si è sempre fatto. C’è quasi una forma di resistenza che però non è giustificata: digitalizzare rende più agevole il rapporto con il cittadino ma anche il lavoro di chi è dentro le pubbliche amministrazioni. Per ora l’unico campo in cui la digitalizzazione ha avuto successo è stato quello della fatturazione elettronica: un obbligo preciso a cui la PA ha dovuto attenersi.
Lei sta seguendo la sperimentazione del 5G. Come sta andando? Pensa sarà estesa anche ad altri comuni oltre che agli attuali?
Siamo ancora nelle fasi iniziali. Al momento ci sono i primi comuni sperimentatori ma questo processo dovrà necessariamente essere esteso anche ad altri territori. L’obiettivo è capire come funziona, quali vantaggi può dare e poi fare in modo che anche altre realtà possano usufruirne. La sfida di ridurre questo divario digitale tra le realtà più grandi e quelle più piccole in questa esperienza si sente molto di più. Se oggi abbiamo delle realtà ancora poco infrastrutturate sulla banda larga e su quelle che sono infrastrutture di base, come si può pensare di estendere il 5G a tutto il territorio? Bisogna prima ridurre la distanza tra chi è capace di fare avanguardia con una sperimentazione del 5g e chi sta ancora lavorando per avere le condizioni di base che permettano di fare innovazione.