Il nuovo Codice degli Appalti è entrato in vigore da più di un mese creando aspettative di una svolta decisiva al settore delle opere pubbliche. La realtà, però, è un’altra. Paradossalmente, la crisi edilizia pubblica risulta essere accentuata dall’entrata in vigore della legge. Vengono rilevati ritardi e blocchi totali degli appalti dalla Valle d’Aosta alla Puglia. Secondo l’Ance, Associazione Nazionale Costruttori Edili, nel primo trimestre del 2016 il numero dei bandi di gara in Puglia si è più che dimezzato rispetto allo stesso periodo del 2015, passando da 436 a 212. Un dato del genere pesa ancora di più in Salento, dove gli appalti pubblici in edilizia sono un’opportunità quasi unica dato l’alto tasso di disoccupazione e la debole attività privata.
Il brusco calo dei bandi pubblici è dettato dalle difficoltà di adeguare i capitolati di gara alla nuova normativa, che è ancora mancante di decreti attuativi e linee guida. Il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio, ha sin da subito voluto rassicurare tutti con la promessa che prima dell’estate saranno pubblicati i decreti attuativi. A tal proposito il presidente di Ance Bari, Beppe Fragasso, esorta ad una riforma normativa portata a termine nel più breve tempo possibile, così da creare “un mercato aperto, pienamente concorrenziale e trasparente”.
Più duro, invece, il commento del presidente di Ance Lecce, Giampiero Rizzo, secondo il quale “il provvedimento che doveva semplificare le cose” sta ottenendo il risultato di “aggravare una crisi che nel settore delle opere pubbliche perdura da diversi anni”. “Aver sfoltito gli articoli del vecchio Codice – continua Rizzo – non serve a nulla se non accompagnato a una semplificazione complessiva della normativa”.
L’assenza dei decreti attuativi, infatti, non è l’unico ostacolo della nuova normativa. Gli iter risultano essere più appesantiti per i nuovi poteri dati ad Anac, Autorità Nazionale Anticorruzione, con l’obiettivo di arginare la corruzione. Delrio ha affermato che il nuovo codice impone misure straordinarie a fronte della corruzione dilagante, dell’aumento dei costi e della tempistica per realizzare l’opera. Le linee guida di Anac prevedono, la nomina di commissari esterni per gli appalti sopra il milione di euro. Un tetto questo che, insieme a quello del limite del 30% per l’affidamento in subappalto, è una limitazione per le imprese edili che intendono partecipare alle gare.
La norma prevede che l’impresa che si aggiudica l’appalto deve essere in grado di eseguire in prima persona il 70% dei lavori. Secondo i sindacati e le associazioni di categoria, in una economia basata in gran parte sulla piccola media impresa, questo tetto favorisce le grandi imprese.
È su questi temi che si è svolto oggi, martedì 7 giugno, il convegno “La nuova disciplina sugli appalti pubblici: opportunità per le imprese e per il territorio” organizzato da Ance Bari e Bat, con l’obiettivo di fornire strumenti utili a tecnici e amministrativi interessati alla questione.