Antitrust, il Trasporto pubblico locale è arretrato e scadente. ITALIA



    

TPL_ANTITRUSTDall’indagine conoscitiva dell’Antitrust sul Trasporto pubblico locale è emersa una situazione poco confortante. Il Trasporto pubblico locale, seconda voce di spesa per le Regioni dopo la Sanità, è caratterizzato da “scarsa concorrenza, poche gare, servizi scadenti”. Il settore impegna oltre 7 miliardi di euro di fondi statali e ne genera quasi 11 di ricavi, con la vendita dei biglietti che copre appena un terzo dei costi. Fenomeno, quest’ultimo, da attribuire anche alla vasta evasione tariffaria.

Per l’Autorità è il Tpl stesso che può contribuire in maniera decisiva a sviluppare la mobilità sostenibile e ridurre la congestione, con “benefici per l’ambiente, la salute e la qualità della vita”. Al momento però solo il 14,6% degli spostamenti urbani avviene con mezzi pubblici.

La situazione non migliora neanche con un confronto con i principali Paesi europei. Emergono, infatti, significative differenze di struttura tra cui: “investimenti insufficienti in infrastrutture; parco rotabile obsoleto; notevoli divari territoriali, per cui gli utenti di alcune Regioni, soprattutto centro-meridionali, hanno accesso a meno servizi e di qualità peggiore, senza peraltro pagare prezzi inferiori”. Insomma, nonostante i rilevanti esborsi di denaro pubblico, non c’è equità sostanziale nell’accesso ai servizi di Tpl né sono state intraprese politiche efficaci per sviluppare la mobilità sostenibile.

Emerge dall’indagine anche un paradosso: “L’offerta complessiva dei servizi di Tpl è in media sovradimensionata rispetto alla domanda effettiva, che spesso rimane però insoddisfatta“. In altre parole, risulta una concentrazione dei mezzi laddove servono di meno, a dimostrazione delle “gravi carenze nella programmazione da parte delle Regioni e degli altri enti locali“.

Secondo l’Autorità l’affidamento poco trasparente dei servizi è una delle cause principali che hanno portato alla situazione emersa dall’indagine. Tra i fattori all’origine di questa scarsa concorrenza potrebbe essere una normativa che ha ostacolato sia la concorrenza “per” il mercato (ovvero lo svolgimento di gare per affidare la gestione dei servizi) sia la concorrenza “nel” mercato (vale a dire l’offerta di servizi da parte di più gestori sulle stesse linee, che può generare più servizi e di qualità migliore senza trascurare la tutela delle categorie più deboli).

Per questo motivo l’indagine individua nell’apertura alla concorrenza del settore un contributo rilevante alla risoluzione dei problemi riscontrati. Nello specifico, vengono presentati quattro possibili rimedi: assicurare un “salto di qualità” nella fase di programmazione dei servizi, favorire il ricorso alle gare con meccanismi volti a responsabilizzare le amministrazioni, garantire una buona qualità delle gare garantendo un’ampia partecipazione, sviluppare la concorrenza “nel” mercato.

Il testo completo dell’indagine

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